AGGIORNAMENTO
30.01.2001

RACCONTI DI MONTAGNA
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 GIORDANI VINCENT DA INDREN-A

PUNTA GIORDANI E PIRAMIDE VINCENT,

GRUPPO DEL MONTE ROSA,

DA PUNTA INDREN

DALL'ALPINISMO ALLA SPELEOLOGIA

Quando qualcuno mi chiede: "Tu chi sei ? sei un alpinista ? uno sciatore ? uno speleologo ? ....". Gli rispondo: "Non sono niente di tutto questo. Sono solo un montanaro o almeno ho la presunzione di esserlo. Ed è collo spirito del montanaro che vado in montagna a fare le arrampicate, poi a fare sci su pista, poi ancora a fare salite e traversate scialpinistiche. Attualmente mi occupo di speleologia ".
Ma perché montanaro ? Chi sono quelli che hanno l'onore di fregiarsi di questa qualifica ? Quelli che conoscono ed amano la montagna, che la frequentano perché è solo in montagna che ritrovano se stessi e la propria natura. E' solo praticando la montagna che possono esprimersi e realizzarsi.
Un montanaro conosce la montagna, ne conosce anche i pericoli, e proprio per questo la teme. Quando va in montagna si mette sempre in una posizione di difesa, cerca sempre di disporre di mezzi per fronteggiare qualsiasi situazione di emergenza possa verificarsi. Questo è molto importante in alpinismo. Quegli alpinisti che arrivano alle arrampicate in alta montagna attraverso una lunga maturazione sono quelli meno esposti ai rischi dell'alpinismo. Il maggior numero di incidenti e di vittime in montagna si verifica fra i cittadini che di colpo vanno in montagna ad arrampicare, senza prima essere montanari. L'alpinismo è indubbiamente permeato da una grande etica. Esiste è vero una certa rivalità fra gli alpinisti, ma questo non esclude la possibilità di fare amicizie, del sorgere di profondi legami fra compagni di cordata, legami che durano poi tutta la vita. Ognuno assimila qualche cosa del carattere degli altri, qualche cosa che resta profondamente impresso nel proprio animo. Quando un amico, un compagno di cordata muore in montagna e come se una parte di se stessi morisse per sempre. Questa non è retorica, è quanto succede nella realtà. Il portare a temine una salita impegnativa in alta montagna da un'enorme soddisfazione, in assoluto il massimo della soddisfazione. Ci si sente pienamente realizzati. C'è la sensazione di mettere alla prova, con esito altamente positivo, quelle che sono le più belle e fondamentali qualità dell'uomo. Intelligenza, coraggio, determinazione, spirito di sacrificio, vengono impegnati agli estremi limiti per ottenere un risultato. Tutto questo è molto bello, ma il prezzo da pagare è altissimo: il rischio della propria esistenza in primo luogo, poi non c'è alpinista che, alla fine della sua carriera, non abbia una lista più o meno lunga di amici o compagni di cordata morti in montagna. Questo è quanto succede in passato. E' vero che attualmente le cose cambiano: materiali più perfezionati, tecniche di sicurezza progredite, scuole d'alpinismo a tutti i livelli, contribuiscono a ridurre il numero degli incidenti in montagna. Tuttavia l'alpinismo resta comunque una attività ad alto rischio. E questo è un elemento che bisogna sempre mettere in bilancio quando si affrontano arrampicate in montagna. Come occorre tenere presente che in montagna non ci sono mezze misure: se si verifica un incidente, lo stesso è mortale nella quasi totalità dei casi.
Per un'alpinista la fine dell'attività in montagna è quasi sempre deludente. La fatica, la tensione nervosa, il rischio che sempre accompagnano le arrampicate, finiscono collo sfiancare anche il cuore più saldo. La montagna prima vista come bella ed esaltante poco alla volta perde i propri valori estetici. Un'aerea cresta di roccia, un'elegante parete, una bella cima, si svuotano di ogni significato, diventano orrende e repulsive. L'esposizione diventa insostenibile. Passaggi difficili diventano insormontabili. Insistere nell'attività è disastroso. Si ha l'impressione che le montagne girano attorno, si sente un nodo stringere la gola e una grande disperazione nell'animo: è la fine, è l'abbandono dell'alpinismo attivo. Le mie sono parole che chi è ancora in attività non può capire. Solo chi vive la stessa esperienza può condividerla.
Lo scialpinismo è caratterizzato dagli stessi valori dell'alpinismo. Però la montagna resiste meno duramente alla progressione, rispetto all'alpinismo. E' incredibile quello che uno sciatore riesce a fare con gli sci ai piedi. Ripidi pendii di neve che vengono affrontati dall'alpinista con piccozza, ramponi e assicurazione della corda, vengono superati dallo sciatore alpinista, senza tante preoccupazioni, col solo uso degli sci. E' proprio la mancanza di un impegno tecnico assillante che consente allo sciatore alpinista di mantenersi calmo e sereno, condizioni ideali per gustare in pieno i grandi scenari della montagna. Questo è il bello dello scialpinismo. Durante la salita assaporare la montagna, conquistata poco alla volta, con la propria forza fisica trasmessa agli sci. Nella discesa la doppia soddisfazione: passare in neve fresca incontaminata scegliendosi un proprio percorso: prendere possesso in modo più ampio e globale della montagna sfruttando la velocità degli sci. L'unico vero grosso pericolo dello scialpinismo è la caduta di valanghe. Contrariamente a quanto dicono gli esperti, o quelli che si ritengono tali, non è possibile prevedere come, dove, quando, cade una valanga se non in misura del tutto generale. Lo sciatore alpinista ha solo mezzi di difesa preventiva, applicando quegli accorgimenti, dettati anche dall'esperienza, che consentono di evitare questo grave pericolo. E' per questo che allo sciatore alpinista è richiesta una conoscenza della montagna innevata e della neve ben superiore a quella dell'alpinista.
Completamente diversa è la fisionomia dello sci da pista. Anche qui è facile fare amicizie che durano nel tempo, però non ci sono gli stessi valori morali dell'alpinismo e dello scialpinismo. Lo sci da pista è, a tutti gli effetti, un'esaltante divertimento sportivo in uno degli scenari più belli del mondo: la montagna invernale. E' doveroso mettere in evidenza l'impegno tecnico atletico per un corretto ed elegante uso degli sci. E' questo un ambito traguardo che richiede tempo, pazienza e perseveranza, ma che da soddisfazione quando si riesce ad arrivarvi.
La speleologia ha connotati completamente diversi dall'alpinismo, dallo scialpinismo, dallo sci da pista, talmente diversi da non poter minimamente essere confrontata con le attività menzionate. Chi non ha modo di conoscere la speleologia da vicino ha sempre un concetto errato dell'andare in grotta. Per gli addetti ai lavori non ci sono dubbi nel ritenere la speleologia un'attività tecnico atletica, con una notevole componente culturale. La tecnica riguarda la progressione in grotta. Contrariamente a quanto si crede le strutture più impegnative da superare non sono i pozzi ma i cunicoli. Un pozzo, se superato con la dovuta tecnica, può essere impressionante, ma non difficile. Per superare i cunicoli e le strettoie, che sono la loro massima esasperazione, occorre essere veramente esperti. Il problema è quello di sentire la strettoia, di ridurre gli attriti, di scivolare in avanti, di mantenersi calmi anche quando ci si sente stringere inesorabilmente. Per fare questo occorrono qualità ed esperienza che non è da tutti il possedere. Per quanto riguarda la parte fisica, la speleologia è una delle poche attività sportive che muove tutti i muscoli. Braccia, spalle, muscoli addominali, gambe, tutto viene impegnato nella progressione in grotta. Quello che spinge l'uomo ad esplorare le grotte, a partire dalla metà del 19° secolo, è la ricerca scientifica. Motivazione che è ancora valida attualmente in speleologia. Gli esperti calcolano che quello che si conosce sulle grotte è poco più della metà di quanto ancora si può scoprire. Con questo non si può affermare che lo speleologo debba essere necessariamente uno scienziato. Però lo speleologo è sicuramente uno studioso, esperto di determinate fette del sapere scientifico quali la fisica, la chimica, la geologia, la litologia, l'idrologia, la trigonometria ed altre discipline ancora, che va in grotta per verificare le proprie conoscenze o per farne di nuove. Ci sono anche quelli che vanno in grotta per alternare alle arrampicate all'in su le arrampicate all'in giù. Come del resto ci sono in alpinismo quelli che vanno ad arrampicare sulle falesie. Ma come il vero alpinismo resta sempre quello delle arrampicate in alta montagna, così la vera speleologia è quella della ricerca scientifica.
Al mio primo contatto con la speleologia riesco a capire queste cose. Non è difficile il farlo perché la speleologia ha contorni netti, ben definiti, facilmente intuibili. Quando vado in grotta, è logico, vado con la mentalità del montanaro. Il primo impatto è difficile. Mi trovo in un ambiente di cui non conosco la fisionomia ed i pericoli. Lasciarmi guidare dagli altri, senza rendermi conto delle tecniche di progressione, mi infastidisce, anche se i compagni di gita sono molto aperti e disponibili. Faccio uscite da solo per sentire le difficoltà sulla pelle, per rendermi conto di come sono e di come posso risolverle. La prima volta che mi sento schiacciare in un cunicolo vorrei avere la forza di spaccare la grotta in mezzo per uscire subito all'aperto. La prima volta che mi incastro in una strettoia perdo la testa: mi attacco ad un sicuro appiglio e mi tiro fuori a forza di braccia. La prima esperienza su corda è terribile: vedo in alto la corda che si perde nel buio della grotta, in basso la stessa scena. Anche se ho i piedi appoggiati alla roccia, mi sembra di essere immerso in un mondo senza fine e senza possibilità di scampo. Mentre salgo la scena non cambia: mi sembra di essere fermo. E' confortante rivedere la luce all'acetilene del compagno di gita. Poco alla volta riesco a superare queste difficoltà, tremende per la mia mentalità di montanaro, ed a mettermi su un giusto binario speleologico proporzionato alle mie attuali possibilità. Mi procuro dei libri, incomincio a studiare speleogenesi e geologia, cosa che mi consente di capire meglio le grotte che visito. Siccome i miei anni non sono più verdi resta in me il rammarico di essere arrivato tardi alla speleologia. Resta però l'impegno di restarci dentro il più a lungo possibile.

DALL'ALPINISMO ALLA SPELEOLOGIA

 MAGICO ALVERMAN-A

GROTTA MAGICO ALVERMAN