L'UNIVERSITA' DELLO SCI

E' un venerdì pomeriggio. Torno a casa dal lavoro, mi sento stanco: le ultime 52  settimane sono state veramente affaticanti. Mi butto sul letto per rilassarmi: non tardo a prendere sonno. Sono svegliato di soprassalto dallo squillo del telefono. "Accidenti ! devo fare aggiustare quel maledetto telefono: suona sempre mentre sto dormendo".

"Pronto,  chi è ?", rispondo con risentimento per il sonno interrotto.

"Ciao Stefano, sono Liza. Senti  ho bisogno di fare una settimana in montagna per rimettermi in sesto. Mi accompagni alla Scuola di Sci Pirovano ?".

"Ma quando ?".

"Da domani mattina per tutta la settimana ventura".

"Non è possibile, da Pirovano occorre prenotare parecchi mesi prima per trovare posto".

"Ma tu mi hai sempre detto che Pirovano è un tuo amico. Se è così un posto ce lo trova".

Spiego a Liza che non è questione di amicizia, ma di disponibilità di posti, posti che comunque hanno un limite. Ma Liza tanto fa e tanto dice che mi convince ad andare.

"Va bene Stefano, passa tu a prendermi con la tua macchina, ti aspetto davanti a casa mia per le otto".

"Ma Liza, le otto è troppo presto: dammi il tempo di comunicare in ufficio che sono assente per l'intera settimana. Facciamo le nove".

Sabato mattina alle nove, puntuale come un treno in orario, sono a Milano davanti alla casa di Liza. Carichiamo valigie e sci in macchina e partiamo per il Lago di Como e la Valtellina. Facciamo un salto solo fino a Bormio dove ci fermiamo per prosaiche necessità alimentari che soddisfiamo con birra e panini.

Solo nel pomeriggio affrontiamo la salita allo Stelvio. Lasciamo la macchina al parcheggio del valico: il fuori strada  della Scuola di  Sci ci da un passaggio al rifugio grande.

Siamo ai limiti dei campi da sci: nevai morbidi, ampi ed ondulati sono coronati in alto dalle cime dell'Ortles. Aria fresca e rarefatta che ci entra nei polmoni e che ci da la sensazione di essere nel nostro ambiente di alpinisti. Rivedo con piacere Pirovano: ci salutiamo molto cordialmente. Pirovano squadra Liza più di una volta, poi mi chiede:

"Chi è questa bella ragazza, è la tua fidanzata ?".

Non faccio in tempo a spiegare a Pirovano che i sentimenti che mi legano a Liza sono di amicizia e di cameratismo alpinistico, che Liza interviene con un'uscita per me inaspettata:

"No, no, non sono la sua fidanzata, sono sua moglie".

Guardo Liza sbalordito. Per non smentirla spiego a Pirovano, con molto imbarazzo, come mi lascio invischiare dal vincolo del matrimonio.

Pirovano riesce a trovarci una stanzetta con alcune cuccette al Rifugio Piccolo.

I servizi sono centralizzati sul pianerottolo della scala. Non è gran che ma per noi, abituati ai bivacchi della montagna,  va benone. Quando siamo sistemati nella cameretta chiedo a Liza:

"Cosa ti salta in mente di dire a Pirovano che sei mia moglie ?".

"Ma così, per farti uno scherzo.........".

Ma come diavolo farò a spiegare a Pirovano che non è vero, che figura ci faccio ?

E' la mattina di una bella domenica di sole: lunga è la fila degli sciatori sui nevai della scuola. Uno alla volta bisogna fare un tratto di discesa in sci. I maestri valutano le capacità dell'allievo assegnandolo ai vari corsi. I corsi partono dal primo, per chi non ha mai messo gli sci ai piedi, e vanno fino all'agonistico per chi, già esperto,  aspira alle gare in sci. Liza è assegnata appunto all'agonistico, mentre io al corso immediatamente prima: il pre-agonistico. Le lezioni sono parte al mattino e parte nel tardo pomeriggio. Inizialmente sia Liza che io prendiamo la cosa sul serio e col massimo impegno. Però ben presto ci stanchiamo. Per quello che mi riguarda, abituato a sciare in scialpinismo,  a curvare in spazi ristretti e in posti obbligati, di forza se necessario,  mi trovo a disagio quando il maestro pretende di farmi curvare in scioltezza, con movimenti di sci e di gambe che non mi sono abituali. Mi impegno per riuscire, ma inevitabilmente forzo sugli sci al punto che gli attacchi si aprono scaraventandomi nella neve. I freni si bloccano e gli sci, liberi dal mio peso, leggeri e veloci, filano via fino al fondo della pista dove, molto giudiziosamente, si fermano. Dieci minuti dopo arrivo io a rotoloni.

Come allievi Liza ed io siamo due pessimi elementi. Ci vediamo gradatamente declassati nei corsi più bassi, dove si trovano sciatori sempre meno esperti. Alcune volte bigiamo le lezioni. Andiamo a Livigno a fare compere. Andiamo a Bormio a fare belle nuotate  in piscina. Andiamo in Val Venosta e a Merano a fare i turisti.

A fine settimana, a conclusione dei corsi,  si svolge una gara. Le classifiche sono per classi di appartenenza, ma viene stilata anche una classifica assoluta.

Sulla scorta di quello che facciamo nelle lezioni, sarebbe più corretto da parte di Liza e mia, non partecipare alla gara. Ma Liza mi convince a farlo tanto per divertirci fino in fondo.

Giorno della gara: grande animazione sui campi da sci. Maestri indaffarati tracciano i percorsi delle discese  segnandoli con paletti rossi o blu. Ordini e contrordini che si incrociano. Allievi percorrono i nevai alla ricerca della loro classe  e della partenza della loro gara. Altri  allievi, giù all'albergo, sono in coda per ritirare il pettorale col numero di gara. Io sono pronto alla partenza,  sci ai piedi. Sono raggiunto da Liza con un paio di sci quasi nuovi. Mi dice:

"Mettiti questi sci sono più maneggevoli e veloci dei  pezzi di legno che hai ai piedi ".

Cambio gli sci. Li sento infatti più leggeri, ma non ho il tempo di provarli. Liza è già alla partenza, subito dopo tocca a me. Quella di Liza più che una discesa è il volo di una rondine: veloce, elegantissima stabilisce un tempo molto basso tanto che può considerarsi, anche se mancano ancora molte discese, la sicura vincitrice di classe. Adesso tocca a me. Ce la metto tutta per non sfigurare troppo nei confronti di Liza. Tutto baldanzoso faccio la partenza come vedo fare  dai grandi campioni dello sci alla televisione.  Ma qui succede il fattaccio. Gli sci acquistano una velocità terrificante, filano via sfiorando i paletti in un modo spaventoso: io che ci sono legato sopra per i piedi faccio sforzi sovrumani per mantenermi in equilibrio. Sento le gambe che mi fanno male: perdo completamente il controllo  degli infernali legni che ho ai piedi. Gli sci fanno quello che vogliono. Fortuna per me si dirigono verso il traguardo, lo tagliano in velocità, descrivono un'ampia curva al termine della quale si fermano. Le gambe non mi reggono in piedi: cado a terra sfinito. Liza accorre: mi toglie gli sci e mi aiuta ad alzarmi. Si congratula per la bella discesa: il tempo è di poco superiore al suo. Ma a me questo non interessa: non vedo l'ora di andare a riposare. Con le ultime forze che mi rimangono scendo  a piedi al Rifugio Piccolo. Che meraviglia togliersi i pesanti scarponi da sci, mettersi in posizione orizzontale su una comoda cuccetta, rimboccarsi le calde e morbide coperte e dormire, dimenticando tutto.

Un lungo e profondo sonno ristoratore mi rimette a posto. Sono sveglio da poco quando sento un passo precipitoso salire la scala di legno del rifugio facendola scricchiolare tutta. Si apre di colpo la porta: Liza irrompe nella stanzetta, è euforica, mi grida:

"Stefano, abbiamo vinto ! abbiamo vinto !" così dicendo mi butta le braccia al collo stringendosi a me.

"Ehi, tranquillizzati e racconta tutto con calma".

Liza riprende fiato e mi spiega che, nella gara di sci della mattina,  stabilisce il miglior tempo assoluto classificandosi al primo posto. Al secondo posto ci sono io con un tempo di pochi decimi di secondi superiore al suo. Sono perplesso. Temo trattarsi di un'altro scherzo di Liza, come quello di farsi passare per mia moglie con Pirovano e con gli altri ospiti  dell'albergo. Questo scherzo risulta per me particolarmente pesante,  mi impedisce infatti di beccare il mangime: intendo dire di fare il filo a qualcuna delle belle sciatrici che abbondano in albergo. Vado con Liza  al Rifugio Grande a controllare di persona i risultati della gara. In  effetti Liza è la prima assoluta ed io secondo. Liza mi dice che questo è il più bel giorno della sua vita per il prestigioso risultato che ottiene. Anch'io sono contento: una volta tanto, senza un particolare impegno, riesco a fare qualche cosa di apprezzabile. Non mi capita, come molte volte in passato, di sputare sangue nella preparazione, per vedermi poi sfuggire di un soffio il meritato traguardo.

La mattina successiva lasciamo la Scuola di Sci Pirovano: l'Università dello Sci. Scendiamo al passo dello Stelvio, riprendiamo la macchina ed iniziamo il rientro a casa. Per alpinisti come lo è Liza e come lo sono io il rientro in pianura è sempre triste. Triste perché lasciamo lassù fra le montagne il mondo nel quale vorremmo vivere, il genere di vita che vorremmo fare. Ma di quello che c'è lassù in noi resta qualche cosa. E' qualche cosa che ci portiamo sempre dentro, una sorta di etica di vita che fa bene all'animo e che ci rende migliori.

 

 SCIATORI SUI CAMPI DI NEVE-B

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